Denominazione con cui si indicano tessuti sottoposti a marezzatura, un finissaggio speciale che conferisce loro un effetto cangiante.

Fino all’anno 1754 l’industria della marezzatura dei tessuti di seta (gli unici ad essere marezzati in quei tempi) appartenne pressoché esclusivamente all’Inghilterra.
In Francia dopo un primo tentativo fatto nel 1740 da Vaucanson, che non ebbe successo, ve ne fu un secondo meccanizzato, inventato nel 1843 da Tignat, fabbricante lionese, che schiacciava con calandre il tessuto bagnato, il più delle volte a coste, ripiegato su se stesso.
Un trattamento moire vero e proprio venne invece introdotto nel 1754 dall’inglese John Badger, chiamato dal governo francese, che si stabilì a Lione. In seguito il francese Vaucanson riuscì a mettere a punto una macchina per marezzare molto più comoda di quella di Badger, la famosa “calandra cilindrica” simile nel suo insieme ad un laminatoio. Essa infatti era composta da due pesanti cilindri metallici incavati che venivano riscaldati all’interno da una sbarra di ferro arroventata. Con tale apparecchio si procedeva alla marezzatura, quindi, quando le sbarre si raffreddavano, si procedeva alla loro sostituzione. I due cilindri si premevano reciprocamente mediante l’uso di leve di diverso genere.
Il moiré che si otteneva con questo sistema prendeva il nome di “moiré rotondo” o “moiré francese”. La macchina, anche se chiamata “calandra cilindrica”, non aveva nulla a che fare con le calandre classiche con cui si otteneva l’effetto di dare al tessuto una superficie piana e uniforme. Nel 1864, due apprettatori-marezzatori di Lione i fratelli Vignet, coadiuvati da un meccanico della stessa città, il sig. Barbier, costruirono una nuova macchina nella quale i massi di pietra di Badger ei cilindri di Vaucanson furono sostituiti da due lastre mobili tra le quali veniva collocato il tessuto piegato a falda.
Per meglio chiarire di cosa si trattava ecco una breve descrizione del procedimento: 1) lastra di base e prima falda di tessuto collocato da destra a sinistra, 2) seconda falda di tessuto collocata da sinistra a destra, 3) secondo cartone divisorio e terza falda di tessuto collocato di nuovo da destra a sinistra e così via sino alla fine della pezza.
Una volta caricata tutta la pressa a vite le lastre venivano compresse tra di loro ottenendo così la marezzatura senza dover ricorrere a pressioni dovute semplicemente al peso proprio della macchina (sistema di Badger).
Attualmente i marezzati più belli si ottengono ricorrendo a due operazioni. La prima, unicamente manuale, consiste nel fare passare il tessuto piegato su metà altezza (sistema più antico) o piegato testa coda (sistema attuale), attraverso due stecche modulate a onda di mare più o meno larghe a seconda del moiré che si vuole ottenere così da fare scorrere le cannette del moiré con sovrapposizione diversa nei diversi punti. Con la seconda operazione, dopo il passaggio attraverso le stecche, il tessuto viene calandrato facendolo passare attraverso due cilindri di cui il primo è liscio e riscaldato sui 100°- 130°, il secondo ricoperto da una carta speciale; su di essi viene esercitata una pressione che arriva a circa 30 tonnellate; il tessuto che ne esce è perfettamente marezzato.
Il tipo piegato su metà altezza dà un moire più bello perché ottenuto con la sovrapposizione della stessa trama di tessitura, ma piega centrale resta indelebile; il testa contro testa elimina la riga centrale, ma dà un moiré meno bello, in cui il rovescio della prima metà si presenta più lucido di quello della seconda metà, difetto che si può eliminare passando il tessuto rivoltato per una seconda volta nella calandra. I moiré più belli sono quelli fatti su tessuti tinti in filo e in unito; ciò non toglie che si possono marezzare anche tessuti stampati e tinti in pezza.